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Andrea o I ricongiunti. Nuova ediz.
Andrea o I ricongiunti è uno dei grandi romanzi del nostro secolo.\r\n«Ad ogni rilettura l'incanto della prima volta si ripresenta intatto. Adelphi ristampa la classica e bellissima traduzione di Gabriella Bemporad, che risale al 1948.» - La Lettura\r\n«Alcune pagine del libro, specialmente le scene veneziane, come quella inattingibile in cui la donna cambia volto e appare dall'alto del piccolo cortile coperto di vite, appartengono alle cose supreme del nostro secolo. Come un narratore classico, Hofmannsthal non vuole rendere il rilievo della realtà, non interpreta, non indugia, non costruisce prospettive; corre via, sempre rapido, sobrio e lieve, naviga sulla superficie della narrazione come sopra la corrente di un fiume che superbamente e delicatamente egli non si cura di esplorare. Tutto è evidente e nitidissimo: appena presentati, ci sembra che gli enigmi siano già risolti. Ma come è illusoria questa nitidezza! Chi fissi la trasparenza della superficie, scoprirà dietro ogni segno un altro segno che accenna, dietro ogni parola un nodo di altre parole taciute: finché gli accadrà di naufragare in questa liquida limpidezza come nel mobile incantesimo della luce» (Pietro Citati).\r\nCome L'uomo senza qualità di Musil, esso nasce nel clima della rovina asburgica, nel...
Il dono oscuro
Questo libro è una delle più precise e asciutte testimonianze su che cosa significhi quel particolare stato della vita e della coscienza che chiamiamo cecità.\r\n\r\n«Non c'è mai stato, che io sappia, un resoconto altrettanto minuzioso, affascinante (e insieme spaventoso) di come non solo l'occhio esterno, ma anche “l'occhio interno” svanisca progressivamente a causa della cecità» - Oliver Sacks\r\n\r\nCi sono libri che sembrano sottrarsi a ogni giudizio o classificazione, perché parlano da un luogo così distante che è difficile anche solo individuarne la fisionomia. Sono porte che si aprono su altri mondi - mondi nei quali, senza di loro, ci sarebbe impossibile entrare. Libri come questo, di John M. Hull: una delle più precise e asciutte testimonianze su che cosa significhi quel particolare stato della vita e della coscienza che chiamiamo cecità, scritta in forma di diario da un uomo che non è nato cieco, ma lo è diventato a quarant'anni. Hull però non si limita a raccontare la sua lenta discesa verso la cecità: parte proprio da questa, per arrivare alla sobria descrizione di qualcos'altro, quello che lui chiama «il dono oscuro». Uno stato ultimo e molto raro, dove la mente recide ogni...
L' anello della verità
Perché sesso e gioielli sono così spesso correlati? Perché gli anelli si insinuano di continuo nelle storie di amore e tradimento, matrimonio e adulterio, perdita e ritrovamento, identità e maschera? Per rispondere a queste domande, Wendy Doniger segue il filo conduttore del simbolismo dei gioielli circolari nel suo dipanarsi tra i miti, il folklore, le fiabe, le canzoni, i film e la grande letteratura di tutti i tempi e di tutte le culture, dall'India antica ai romanzi cavallereschi, dal teatro greco alle saghe norrene, dalla Francia rivoluzionaria a Hollywood. È un intreccio di generi, un oceano di racconti in cui si naviga sotto la guida sicura di una grande studiosa che, nel consueto rigore dell'argomentazione, affianca «Gli uomini preferiscono le bionde» e Siegfried, Salomone e Shakespeare, Shakuntala e Maria Antonietta - in un infinito cerchio ipnotico.
EUR 32.30
Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del '500
Pubblicato per la prima volta nel 1976, «Il formaggio e i vermi» ritorna con una postfazione. Nel frattempo, tradotta in ventisei lingue, la vicenda del mugnaio friulano Domenico Scandella detto Menocchio, messo a morte dall'Inquisizione alla fine del Cinquecento, ha fatto il giro del mondo, mostrando come sia possibile, attraverso gli archivi inquisitoriali, cogliere le voci di individui che spesso non compaiono, o compaiono solo in maniera indiretta, nella documentazione storica: dai contadini alle donne. Il mugnaio Menocchio era senza dubbio una figura straordinaria, percepita come anomala anche dai suoi compaesani; l'ampiezza delle sue letture, la ricchezza delle sue reazioni ai libri, l'audacia delle sue idee non finiscono di stupire. Ma anche un caso eccezionale (qui sta la scommessa del libro) può gettar luce su problemi di vaste dimensioni: dalla sfida alle autorità in una società preindustriale all'intreccio fra cultura orale e cultura scritta. Come chiarisce la nuova postfazione, «Il formaggio e i vermi» è stato letto retrospettivamente come un esempio di microstoria. Ma lo scopo di quest'esperimento di scrittura della storia era, ed è, quello di far arrivare al lettore la voce di Menocchio: «Io ho detto che, quanto al mio pensier...
Una sola moltitudine. Testo portoghese a fronte. Vol. 1
«L'Occidente scorge in lui il proprio poeta: il poeta che meglio di ogni altro incarna lo spirito di questa fine di secolo. Tutti i lettori si riconoscono in lui: chi ama il Tutto e chi il Nulla, chi ama la letteratura e chi la letteratura che nega sé stessa, chi ama il verso libero e chi la strofe chiusa, chi ama Whitman e chi lo Zen, chi ama l'infinito e chi il limitato, chi ama la gnosi e chi l'alchimia, chi ama la desolazione e chi il trionfo mortale - e soprattutto chi coltiva i giochi vertiginosi che lo spirito fa con sé stesso.» (Pietro Citati)
EUR 11.90
Re-visione della psicologia
James Hillman ha sottratto la psicologia a coloro che l'avevano ridotta a una scienza del comportamento - con il corredo di programmi di ricerca, studi quantitativi e rigidi sistemi concettuali -, e ne ha fatto un "discorso", o un'"arte" dell'anima, che, rinunciando a ogni «fantasia di cura, di guarigione», intende esplorare le basi più profonde e misteriose della vita. Più che a un medico, Hillman somiglia quindi a un artista, che con un uso acuto e sensibile dello stile e dell'immaginazione sfida di continuo il lettore a capovolgere le idee più consuete, a trovare nuove prospettive, nuove angolazioni da cui ripercorrere l'esperienza. Non è un caso che siano proprio gli psicologi di professione a incontrare difficoltà nella lettura dei suoi testi: il progetto di «re-visione» della psicologia, infatti, può essere colto pienamente solo da chi abbia un orecchio metaforico e una lucida percezione della forma. E Hillman, più che il fondatore di una scuola di pensiero, si considera «membro di una comunità di persone impegnate, ciascuna nel proprio campo, in una re-visione delle cose». Seguendo indicazioni e suggerimenti dell'autore stesso, Thomas Moore ha allestito una sequenza di testi che attraversano tutta l'opera di...
Marginalia
Queste pagine, in parte giornalistiche, in parte da diario segreto, ci consentono di penetrare nell'officina del sommo maestro americano, «meraviglioso cervello sempre all'erta» da cui Baudelaire diceva di aver imparato a pensare. Capzioso e oltranzista, impasto di razionalità ancora settecentesca, ruvido pragmatismo «di frontiera» e geniale nevrosi già tutta moderna, Poe, con lo sguardo implacabile di «un anatomista che sezioni un gatto» (D.H. Lawrence), impugna il bisturi e scruta "all'interno" di un cuore, di un personaggio, di una poesia, di un verso, di una parola, anche solo di una lettera dell'alfabeto. Così armato, va «al massacro delle banalità», allora come adesso troneggianti, e proprio l'inconsistenza di tanti nomi che qui s'incontrano, bersagli contro cui si scaglia, mostra per contrasto l'entità della battaglia da lui combattuta. Per questa azione di guerriglia usa la misura quanto mai elastica della nota in margine, che va da poche righe a qualche foglio, dall'aforisma-lampo al mini-saggio, e può così lasciarsi andare a bizze e ghiribizzi, plausi e insofferenze, fantasie, satire e paradossi. Per suadente contagio il lettore proverà, come scriveva Giorgio Manganelli, «la delizia maniacale del perdersi nel margine del libro, muoversi accanto alle idee».
EUR 11.90
Il libro di tutti i libri
Questo libro racconta una storia che comincia prima di Adamo e finisce dopo di noi, attraversando la Bibbia da capo a fondo, come un mondo a sé. \r\n\r\nDove un uomo, che si chiamava Saul, può diventare il primo re di un popolo perché il padre lo aveva mandato a cercare certe asine smarrite. Dove la regina di un remoto regno africano guida per tre anni una carovana foltissima, composta da giovani e giovanette vestiti di porpora, nonché da animali e spezie in quantità, per rispondere all'invito del re di Gerusalemme e porgli alcune domande. E dove un altro uomo, che si chiamava Abramo, udì queste parole da una voce divina: «Va' via dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre verso il paese che ti mostrerò». Parole che rintoccano in tutta la Bibbia, storia di un distacco e di una promessa, seguiti da altri distacchi e nuove promesse. Il succedersi dei nomi e dei fatti è turbinoso, spesso sconvolgente. E ogni volta la grazia e la colpa, l'elezione e la condanna appaiono intessute nelle vite dei singoli e della loro stirpe.
EUR 23.80
Vivere con gli dei. Genti e credenze. Ediz. illustrata
«Una narrazione per immagini che entra nel vissuto quotidiano dell'esperienza religiosa» - Il Venerdì\r\nDa sempre, ogni società si fonda su una serie di presupposti - una fede, un'ideologia, una religione - che trascendono la vita dei singoli individui e costituiscono l'essenza di un'identità collettiva: credenze che hanno l'eccezionale potere di definire, e dividere, i popoli, e che oggi come ieri sono una forza propulsiva della politica in gran parte del mondo. Credenze a volte laiche, come nel caso dei nazionalismi, ma più spesso, nel corso della storia, religiose. Indagando su questo aspetto centrale dell'esistenza umana, in Vivere con gli dèi Neil MacGregor viaggia - e ci fa viaggiare - nel tempo e nello spazio, guidandoci in un'illuminante avventura tra le fedi. Da Vanuatu alle Alpi sveve all'Acrocoro etiopico, dall'Era glaciale all'epoca Zhou ai giorni nostri, MacGregor passa in rassegna oggetti, luoghi e attività umane per mostrarci come la religione abbia sempre plasmato la vita pubblica, improntando le relazioni tra gli individui e gli Stati - e come abbia contribuito a fare di noi ciò che siamo oggi: «“Chi siamo 'noi'?” è la grande questione politica del nostro tempo, e riguarda essenzialmente quello in...
Bella figura
«Quello che mi interessa è osservare la musica dei comportamenti, e riprodurla» ha affermato Yasmina Reza: la quale orchestra il suo esilarante e grottesco quintetto con un senso acuto dell'ellissi e del sottaciuto, imprimendogli un ritmo impeccabile e tempi brillantissimi. \r\nNel parcheggio di un ristorante una donna accusa l'amante, piccolo imprenditore prossimo al fallimento, di aver scelto, per la loro cenetta intima, un posto che gli è stato consigliato dalla moglie; quando finalmente decidono di andare altrove, lui, facendo manovra, investe un'anziana signora; niente di grave, tranne il fatto che l'anziana signora è lì per festeggiare il suo compleanno in compagnia del figlio e della nuora - che guarda caso è anche un'amica intima della moglie del fedifrago.\r\nLo spunto, da commedia di boulevard, mette in moto l'inesorabile meccanismo del teatro di Yasmina Reza, il cui virtuosismo sta nel mostrare - mediante gesti minimi, battute feroci, plumbei silenzi - i patetici contorcimenti dei cinque personaggi, tutti costantemente sull'orlo di una crisi di nervi, per mantenere una parvenza di decoro: per fare, appunto, bella figura. Si ride molto, leggendo queste pagine, ma sempre sul filo di un'angoscia sottile, di un lancinante interrogativo.
EUR 8.50
Del meno
«Già: come si può guadagnarsi la vita inventando elzeviri?» si chiede Landolfi in "Des mois". D'altronde, per lui che dopo "Un amore del nostro tempo" (1965) aveva abdicato alla «follia» di raccontare storie, non c'era altra scelta: questione di sopravvivenza. Ma il punto è un altro: quelli che Landolfi chiama «innocenti raccontini» nulla hanno a che vedere con gli altrui elzeviri. Sono infatti aguzzi e vertiginosi apologhi, aneddoti, memorie, dialoghi morali, visioni apocalittiche e tenebrosi incubi - come quello, indimenticabile, dello scrittore che offre la sua vita per salvare il figlio morente ma poi, atterrito al pensiero di lasciare incompiuta un'opera ormai matura, cede alla «più inaudita ignominia» e lo lascia morire. Elzeviri eccentrici, insomma: dove, catafratto di una lingua estranea, lucente e inscalfibile, ritroviamo tutto Landolfi: le complicate «macchine di parvenze» architettate dagli uomini; il destino che ci vessa in modo «elusivo, schernevole»; i gravosi eppure ineluttabili doveri nei confronti delle persone che «una mala sorte ha gettate in tua funesta balia»; la «vanità d'ogni possibile agitazione» che ci si rivela allorché abbiamo sperimentato «il tristo sapore della ... felicità raggiunta»; il diritto di por fine col suicidio a un «meschino calvario»....
La promessa
È il più brillante dei commissari di Zurigo, Matthäi, anche se certo non il più benvoluto. È geniale, sì, ma solitario, impassibile - e maneggia l'apparato di polizia come fosse un giocattolo.\r\n\r\n Ma, a differenza di quel che accade nei romanzi polizieschi, la ragione può far luce solo su una piccola parte del mondo, e nell'incerto chiarore che regna ai suoi confini si insedia tutto ciò che è paradossale, casuale. Con questa zona oscura, che non si può dominare, anche Matthäi dovrà fare i conti. Accadrà a Mägendorf, mentre il föhn fa piombare sul villaggio, a grandi folate, un caldo innaturale, che eccita e incattivisce. Il corpo di una bambina, Gritli Moser, assassinata a colpi di rasoio, viene trovato da un ambulante, von Gunten. Tutti i sospetti ricadono su di lui, che dopo un interrogatorio di venti ore confessa, e si impicca nella sua cella. Per tutti il caso è chiuso, ma non per Matthäi. Gritli ha confidato a un'amica di avere incontrato un gigante alto come una montagna, « pieno di piccoli porcospini », e lo ha disegnato. Una favola? Non per Matthäi: altri bambini sono in pericolo e il gigante dei...
Il cacciatore celeste
«Il libro di Calasso comincia con le origini, o le origini delle origini; e finisce, o finge di concludersi, con le "Enneadi" di Plotino e i "Misteri" di Eleusi, sebbene ogni pagina getti analogie verso tutti i tempi e tutte le direzioni, specie verso la cultura vedica. Alle origini, l'invisibile era visibile. Allora esistevano gli animali e la caccia. "Il Cacciatore Celeste" è gremito di animali: iene, leoni, leopardi, avvoltoi, che lasciano il loro profumo nelle pagine del libro. Gli animali potevano essere animali, ma anche uomini, dèi, dèmoni, antenati: non c'erano distinzioni nette tra queste figure. Non esisteva un corpo umano che inseguiva un corpo animale: ma un essere che inseguiva un altro essere.» (Pietro Citati)
EUR 13.60
La tentazione di esistere
«Quando abbiamo finito di leggere La tentazione di esistere, ci rendiamo conto che non potremo mai raccontare i fitti, intensissimi, brillantissimi pensieri con i quali E.M. Cioran ci ha incatenato per qualche giorno. I suoi pensieri non si possono riassumere, perché sdegnano di essere pensieri. Sono schegge, frantumi, irradiazioni di luce, che disegnano una città irreale della mente, una musica lieta, sfavillante e demoniaca dello spirito». (Pietro Citati)
EUR 10.20
Una segreta complicità. Lettere 1933-1983
«Benché io provi per te un'infinita e non smentita simpatia, a volte sento il desiderio di attaccarti, senza argomenti, senza prove e senza idee. Ogniqualvolta ho avuto l'occasione di scrivere qualcosa contro di te, il mio affetto è aumentato» - E. Cioran a Mircea Eliade\r\n\r\nNella fotografia riprodotta sulla copertina di questo libro, che ritrae Mircea Eliade e Cioran insieme a Parigi, negli anni Settanta, colpisce il contrasto tra le due fisionomie. Un contrasto che sembra rispecchiare la distanza che umanamente e intellettualmente separava i due grandi romeni: il fecondo e ammirato studioso, in grado di maneggiare con scioltezza le concezioni religiose di tutte le culture; e il sulfureo flâneur del pensiero, l'antiaccademico ancorato a poche e lancinanti ossessioni. Da subito, del resto, non erano mancati gli scontri visto che, all'inizio degli anni Trenta, Eliade aveva attaccato Cioran per via della sua tanatologia, che gli faceva prediligere le tenebre e la negazione alla luce e alla creazione; e Cioran, da parte sua, aveva demolito Eliade in un articolo che sin dal titolo aveva tutto il sapore di una sentenza inappellabile: L'uomo senza destino. Ma, dietro le divergenze, si celava anche un'intesa, una complicità che...
La cattiva stella
Non è detto che il turista da banane sia mal vestito, anzi spesso indosserà capi di buon taglio, vestigia di un guardaroba lussuoso. Sono americani, cechi, tedeschi, francesi... Alcuni hanno conosciuto un momento di gloria, altri si sono limitati a mangiarsi il patrimonio di famiglia o le rendite.\r\nFinché un giorno, quando già erano stufi della mediocrità o spaventati dalla miseria incombente, qualcuno ha detto loro: «Sulle isole del Pacifico si può ancora vivere come nel paradiso terrestre, senza soldi, senza vestiti, senza preoccuparsi del futuro... ».\r\nPer pagarsi la traversata hanno venduto tutto quello che avevano. Allo sbarco le autorità locali, prudenti e spesso scottate, pretendono a titolo di cauzione il versamento del costo del biglietto di ritorno. Capite?\r\nL'indomani ogni buon turista da banane ha già comprato un pareo e un cappello di paglia intrecciata. Seminudo, sdegnando la città e i coloni che indossano completi bianchi e camicie con il colletto rigido, si dirige di buon passo verso le lunghissime spiagge.\r\nIn copertina: illustrazione di Mead Schaeffer per Typee di Herman Melville (Hodder & Stoughton, London, 1940 ca).
EUR 10.20
La strega e il capitano
Nel febbraio del 1617, a Milano, Caterina Medici, serva «carnosa ma di ciera diabolica», viene condannata al rogo. In apparenza, uno dei tanti casi di stregoneria depositati nei nostri archivi. Ma la scrupolosa, o meglio accanita, ricostruzione che all'atroce caso dedica Sciascia in questo libro del 1986 ci mostra che non è così, giacché tutta la vicenda nasconde tra le pieghe interrogativi e zone d'ombra. Nello sbrogliare l'esasperante «pasticciaccio» con le cadenze e il montaggio di un thriller - consegnandoci una inconfondibile, magistrale miniatura microstorica -, ancora una volta Sciascia scrosta dalla Storia una delle innumerevoli maschere del potere, sino a svelarne il volto ripugnante e primigenio. E ancora una volta riesce ad assimilarsi sapientemente allo stile dei documenti, affidando la luce del giudizio al contrappunto mentale dei lettori.
EUR 7.65
Compulsion
«L'ultimo grande romanzo che ho letto è Compulsion, scritto nel 1956 da Meyer Levin. Nel corso degli anni l'avrò letto sei, sette volte. È la storia di Nathan Leopold e Richard Loeb, e del loro vile e demente “delitto gratuito”, l'assassinio di Bobby Franks. Accidenti, che ricostruzione d'annata! Un grande affresco della Chicago del 1924! E che grande ritratto di due psicopatici di livello assoluto!». James Ellroy\r\nOggi ricostruire fatti di sangue è diventato un intrattenimento di massa - più o meno l'unico, si direbbe. Ma c'è stata un'epoca non lontana, e peraltro abbastanza sanguinaria, in cui l'assassinio gratuito di un ragazzo da parte di due suoi coetanei veniva presentato, sulle prime pagine di tutti i giornali, come «Il delitto del secolo». Accadde a Chicago, negli anni Venti. Due ricchi studenti ebrei, Na-than Leopold e Richard Loeb (che qui si chiamano Judd Steiner e Artie Straus), avevano progettato un delitto perfetto, ma come chiunque indulga a questo genere di fantasticheria finirono per commettere un imprevedibile errore, che li mise rapidamente al centro di un clamoroso processo. Fu un caso che affascinò per decenni i migliori appassionati del crimine, ispirando a Hitchcock "Nodo alla gola",...
Immagini dell'Italia. Vol. 1: Venezia-Verso Firenze-Firenze-Città toscane.
Da Puškin a Mandel'štam a Brodskij, la letteratura russa ha continuato a sognare, evocare, scoprire l'Italia. \r\n\r\nE nessuno meglio di Pavel Muratov - che vi giunge nel 1907, subito avvertendo un «turbamento dello spirito, dolce fino al malessere», e fra il 1911 e il 1912 pubblica, con enorme successo, Immagini dell'Italia - può svelarci le ragioni di questa «italomania». A Venezia, spiega, «noi beviamo il vino dell'oblio ... Tutto quanto è rimasto alle nostre spalle, tutta la nostra vita precedente diviene un fardello leggero». E gli artefici del Rinascimento gli appaiono «semidei», «eroi del mito», un antidoto all'«accidia della vita russa», a Dostoevskij e Tolstoj. Non a caso nel 1923, invitato a Roma per una serie di conferenze, lascerà per sempre la Russia. «Apparteneva a quella schiera di scrittori come Ruskin e Walter Pater,» ricorda l'amico Sciltian «e aveva più sensibilità e talento di Berenson». Ma non è la sconfinata cultura che apprezzavano Savinio e De Chirico, De Pisis e Longhi a rendere, ancor oggi, la lettura di Muratov una rivelazione. Né l'influsso di Pater, Stendhal e Gogol'. Semmai, il suo procedere per folgorazioni lungo un pellegrinaggio che diventa «ricerca delle proprie radici...
La lotteria
Il racconto da cui è nata la leggenda di Shirley Jackson è stato molte cose. Il testo più letto nella lunga e gloriosa storia del «New Yorker», ad esempio, e la storia che ha inaugurato una stagione nuova del gotico americano. Ora, grazie alla matita di Miles Hyman, La lotteria si trasforma in qualcosa di ancora diverso: una straordinaria partitura visiva, dove il disegno e la precisione rivelano un volto inedito del terrore.\r\nIl racconto di Shirley Jackson intitolato "La lotteria" ricorda da vicino, per la fama che lo circonda, la famigerata lettura radiofonica della Guerra dei Mondi di Orson Welles. Fama non immeritata, giacché la pubblicazione sul "New Yorker" nel 1949, scatenò un pandemonio. Molti lo presero alla lettera, reagendo all'istante e poi per lungo tempo con missive indignate o atterrite alla redazione. Certe cose non potevano, non dovevano succedere. Eppure la storia si presenta in tutta innocenza quale pura e semplice descrizione della lotteria che si svolge nell'atmosfera pastorale, quasi idilliaca, di un villaggio del New England in un luminoso mattino di giugno, come ogni anno da tempo immemore. Ma giunto al termine di questo racconto, come degli altri che compongono l'intensa...