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Il veterano. Undici anni nei campi di concentramento (1934-1945)
Arrestato nel 1934 all'uscita di un caffè berlinese per aver pronunciato alcune frasi critiche sul regime hitleriano, il giovane commerciante svizzero Caril Schrade diventerà un "veterano" dei campi di concentramento nazisti, trascorrendovi undici anni della sua vita e passando per una impressionante, penosa serie di luoghi, dai nomi tristemente noti: Lichtenburg, Esterwegen, Sachsenhausen, Buchenwald, Flossenbürg. Dopo la liberazione e il processo di Dachau, nel quale si troverà a testimoniare contro i responsabili delle atrocità cui aveva assistito, in particolare quelle commesse ai danni dei malati da parte dei medici nazisti, Schrade comincia a trasferire sulla carta i suoi terribili ricordi. Questo incredibile documento, affidato all'amico Jehan Knall-Demars, figura storica della Resistenza francese, che ospitò Schrade nella sua casa di Nizza, resterà sepolto per settant'anni, prima di vedere la luce oggi, diventando in Francia un vero e proprio caso editoriale. "Il veterano" è una testimonianza unica: Schrade segue fin dall'origine la lunga evoluzione del sistema concentrazionario, osservando in tutte le sue fasi il cambiamento nella logica dei campi e nella provenienza dei prigionieri e degli internati. Lavori logoranti, umiliazioni, violenze gratuite, malattie, epidemie, rapporti umani retti nella maggior parte dei casi dalla negazione dell'umanità...
Prima e dopo. La brutta china della democrazia italiana
Una democrazia sotto stress è come un laboratorio che ci fa vedere ingranditi i possibili vizi del governo democratico. E non c'è dubbio che l'Italia del ventennio berlusconiano rappresenti esattamente lo stress, la tensione estrema, il rischio di implosione in cui una democrazia può cadere, se smarrisce il suo vero tratto distintivo, che è quello di saper garantire e tollerare le diversità attraverso un rispetto imparziale delle regole del gioco. Ma il caso limite della democrazia italiana ci consente - per paradosso - di metterne in luce anche la particolare virtù che, in un regime democratico, è rappresentata dal dissenso. Questo volume, che raccoglie le marcate prese di posizione espresse negli ultimi due anni sulle pagine del quotidiano "la Repubblica" da Nadia Urbinati, ci consegna un'analisi impietosa e realistica della società italiana a partire da una concezione procedurale della democrazia che è rigorosamente ancorata all'eguaglianza dei diritti e alla libertà civile e politica dei cittadini. Gli abusi e le manipolazioni della competizione politica e delle norme costituzionali ai quali abbiamo assistito in tutti questi anni diventano altrettante occasioni per dare valore sostanziale alle regole del gioco, per affermare le procedure democratiche come un...
Raccontare cultura. L'avventura intellettuale di «Tuttolibri» (1975-2011)
Sono passati quasi quarant'anni da quando, nel 1975, cominciò l'avventura di "Tuttolibri", il primo settimanale italiano dedicato interamente al mondo editoriale. Nel solco della tradizione giornalistica del nostro paese, il periodico della Stampa seppe prendere il meglio di quanto si faceva all'estero, aggiungendo novità, semplicissime ma utili, come la bibliografia di tutti i libri usciti con qualche riga di descrizione essenziale. "Tuttolibri" divenne così uno strumento di lavoro irrinunciabile per i librai, oltre che per il mondo degli intellettuali e per i "lettori forti". Parte essenziale ebbero il direttore-fondatore, Arrigo Levi, e il suo vice, Carlo Casalegno, che sarebbe caduto poco dopo sotto il fuoco dalle Brigate rosse. Fondamentale fu il ruolo di Furio Colombo, autore, tra l'altro, dell'ultima intervista a Pier Paolo Pasolini, uscita sul secondo numero, "bruciato" in 177000 copie. Introdotto da Carlo Ossola, e corredato da una serie di interviste ai protagonisti e da un'antologia di alcuni dei pezzi più significativi, il libro offre un originale punto di vista da cui guardare alla nostra storia recente. Nel frattempo, "Tuttolibri" è profondamente cambiato, e si è adeguato alla rivoluzione che ha investito il mondo dell'editoria. Ma la sua ispirazione originaria e...
Tarzan. Racconti della giungla
Un lord che non sa di essere tale, cresciuto nella giungla e allevato dalle scimmie, di cui diverrà il signore incontrastato: è questo il personaggio uscito cent'anni fa dalla mente di un quarantenne passato per mille mestieri e approdato quasi per caso alla scrittura. Edgar Rice Burroughs, infatti, prima di toccare le vette del successo con "Tarzan", combatteva la noia fantasticando avventure ed era riuscito a pubblicarne solo una sulla rivista pulp "The All-Story". Quella prima prova ebbe un buon esito, ma fu "Tarzan" a cambiare la vita di Burroughs: dal primo racconto uscito nel 1912 il signore delle scimmie sarà protagonista di numerosi sequel, e di un'infinità di adattamenti per i fumetti e il cinema. E se, di episodio in episodio, arriveremo persino a vedere il nostro eroe indossare le pantofole e diventare un ingrigito padre di famiglia, non c'è dubbio che il vero spirito dell'uomo scimmia si manifesti nelle sue avventure giovanili, in questi dodici racconti in cui vitalità, coraggio, sagacia e vigore trovano la massima espressione. Uscite in volume nel 1919, sono queste le storie che ci narrano il primo Tarzan, quando, adolescente, scopre i turbamenti e gli imbarazzi dell'amore......
Strana gente. Un diario tra Sud e Nord nell'Italia del 1960
Dalle carte di uno dei più caparbi e coerenti censori del costume italiano emerge un dimenticato diario del 1960. Studente alla scuola di assistenti sociali di Roma, Goffredo Fofi aveva allora ventitré anni, ed era reduce da un'esperienza di lavoro a Partinico e nelle baracche di Palermo al seguito di Danilo Dolci. Anno "strano" il 1960, in cui si rincorrono il governo Tambroni, le rivolte di luglio, i prodromi del centro-sinistra, i primi segni del "miracolo economico", la morte di Fausto Coppi e di Adriano Olivetti, la "prima" della Dolce vita di Fellini. Un periodo, come nota lo stesso Fofi, singolarmente povero di testimonianze, così abbondanti invece per la generazione precedente, ancora segnata dal fervore dell'antifascismo, o per quella successiva, ribelle e insoddisfatta degli esiti del primo benessere. Ma le pagine di Fofi attestano anche un cruciale spostamento geografico degli interessi politici: esse compongono un "diario di viaggio" dal Sud contadino, eletto a sede di esperimenti di "comunità", alla Torino di Raniero Panzieri e dei primi entusiasmi operaisti. Ne scaturisce il ritratto di una "famiglia" della sinistra italiana, attraversata da forti e sincere tensioni religiose e politiche, estranea alle grandi "chiese" del tempo,...
Quando quando quando
Il libro è una favola, un musical, o forse un racconto d'amore e di passioni, se non addirittura un romanzo, che Fabiano Petricone modella nella forma e nel linguaggio di un'insolita sceneggiatura cinematografica: al centro, la nascita e le articolate vicende che hanno portato al successo la canzone Quando quando quando, rendendola un evergreen. Il protagonista è Tony Renis, che ha composto e interpretato il brano nel 1962. Elio Cesari - questo il suo vero nome - si è rivelato da subito un musicista geniale, un performer molto raffinato, dotato di una tecnica compositiva attenta e curata in ogni dettaglio, che è stata in grado di resistere al passaggio delle mode e del tempo, e attraversare indenne i cambiamenti di un paese in fermento. Nei ruoli di comprimari si avvicendano i più grandi artisti della scena italiana e internazionale: Alberto Testa, autore del testo, e poi Mina, Celentano, Ugo Tognazzi, Raimondo Vianello, Mogol, Frank Sinatra, e decine di altri personaggi in una storia che si snoda tra la Milano degli anni sessanta, le cronache e i pettegolezzi del popolare Festival dei fiori e i boulevard di Hollywood. Del resto, tutto questo è comprensibile....
Una vita per il Sud. Dialoghi epistolari 1944-1987
"In questo momento a me una sola cosa importa: capir dentro a questo oscuro processo che vedo in atto nelle campagne. Per questo sono preso da una vera frenesia di girare, di vedere, di prender contatto con la terra. E non vedo l'ora di tornare giù nel Mezzogiorno, di girare paese per paese". La preoccupazione per il futuro dell'Italia e la premura di agire in un momento in cui tutti sembrano attendere: è questo stato d'animo che Manlio Rossi-Doria confida a Guido Dorso in una delle prime lettere di questa raccolta, scritta nel novembre del 1944. Con lo sguardo sempre rivolto allo scopo principale di una vita, ovvero l'impegno per lo sviluppo economico e culturale del Mezzogiorno, Rossi-Doria - che del pensiero meridionalista è stato uno dei principali interpreti - trova nello scambio epistolare un luogo di riflessione privilegiato. Attraverso i dialoghi con alcune delle figure più importanti della scena politica e intellettuale del nostro paese - da Norberto Bobbio a Antonio Giolitti, da Rocco Scotellaro a Emilio Sereni -, matura infatti una linea di pensiero che si sostanzia nell'idea di un'Italia e di un Sud fatti di uomini e donne impegnati nella...
Ad occhi aperti. Leggere l'albo illustrato
Esplorare l'universo dell'albo illustrato: questo il proposito del volume firmato dal gruppo di esperti e studiosi di Hamelin. Lo scopo è fornire uno strumento critico, inesistente in Italia, capace di guidare la lettura dell'albo da parte di genitori, insegnanti, bibliotecari, e semplici amanti del racconto per immagini. L'albo illustrato è un vero e proprio linguaggio, con le sue specifiche modalità di narrazione, non ancora analizzate a dovere, malgrado nel nostro tempo sia diventato cruciale saper leggere le immagini. Le importanti innovazioni del mercato editoriale italiano nell'ultimo decennio, e il dialogo sempre più stretto col panorama internazionale, hanno fatto emergere tutte le potenzialità espressive di questa forma di narrazione, che trova nella prima infanzia un destinatario privilegiato, ma che non si pone limiti in fatto di tematiche, sperimentazioni e pubblico di riferimento. Attraverso un percorso che esplora le esperienze più significative dell'editoria per l'infanzia, il libro analizza dall'interno la fisionomia dell'albo illustrato: il formato, con le sue specifiche valenze narrative, il rapporto tra parole e immagini, il ritmo e il tempo della narrazione, e la formula dei libri senza parole. Un cammino disseminato di figure: le tavole dei più grandi maestri dell'illustrazione accompagnano le...
La riforma obliqua. Come cambiare la pubblica amministrazione giocando di sponda
Negli ultimi vent'anni tutti i tentativi di riformare la pubblica amministrazione in Italia sono falliti. Perché? Si tratta - secondo gli autori di questo volume - di un'impresa difficilissima, ma non impossibile. L'immagine che meglio racconta la situazione che ci troviamo a fronteggiare è quella della semina nel deserto, sconfinato e apparentemente così saldo nella sua impenetrabilità. Il nuovo, tuttavia, può fiorire anche in una realtà complessa e indisponibile al cambiamento. L'imponente macchina pubblica italiana, come il deserto, non è scalfibile per editto. Il cambio d'epoca ha bisogno di un cambio di approccio. Ha bisogno di una strategia finalmente obliqua. Quanto compiuto finora non è soddisfacente; occorre mettere a punto un approccio nuovo fatto di norme ma anche e soprattutto di azioni in grado di assicurare la loro efficacia. Nella prospettiva di elaborare una proposta multidisciplinare e non semplificabile in sterili definizioni giuridiche, gli autori dialogano con altre importanti voci - Giuliano Amato, Cristiano Castelfranchi, Giuseppe De Rita, Massimo Egidi, Jean-Paul Fitoussi - il cui contributo è integrato nel volume. Emergono sette fondamentali questioni: dalla stessa definizione di pubblica amministrazione alla difficile percezione del bene pubblico come dovere individuale, dal tema del capitale...
Il futuro della Toscana tra inerzia e cambiamento. "Sintesi di Toscana 2030"
Il modello di sviluppo della Toscana, caratterizzato da un'economia manifatturiera aperta sui mercati internazionali attraverso prodotti realizzati prevalentemente all'interno di sistemi locali di piccola impresa, rappresenta molto bene l'intero modello di sviluppo nazionale. Come nel resto del paese, questo modello ha cominciato a perdere colpi a partire dalla seconda metà degli anni novanta, alimentando la discussione sul presunto declino della nostra economia. Il presente lavoro entra in questo dibattito cercando di comprendere quali possano essere le cause profonde di tale declino in una regione caratterizzata da un elevato livello di benessere; in particolare si chiede se l'ipotesi - dominante nel dibattito nazionale - che il problema stia proprio nella specificità del nostro modello, ovvero nella dimensione eccessivamente piccola delle imprese e nella loro prevalente specializzazione nelle produzioni più tradizionali, non sia un po' troppo semplicistica. Il volume aderisce a un'altra lettura che allarga lo sguardo all'intero sistema produttivo, non solo quindi alle piccole imprese manifatturiere, ma anche al settore dei servizi, a quello delle professioni, della pubblica amministrazione, domandandosi se la perdita di competitività sia, in larga parte, attribuibile anche al fatto che questi settori - spesso al riparo della concorrenza - abbiano...
Napoli in scena. Antropologia della città del teatro
Napoli, nell'immaginario comune, è la città-teatro per eccellenza e per raccontarla si è sempre fatto ricorso - fino ad abusarne - alla metafora della scena, tanto che gli stessi abitanti sono convinti di vivere su un palcoscenico, dal quale recitano ogni giorno la loro vita quotidiana. Per vedere se c'è del vero nello stereotipo della Napoli-teatro, il lettore viene guidato nei vicoli della città antica, come in un caleidoscopio, attraversando storie di vita, scorrendo giornali e testi letterari, seguendo tracciati familiari o rituali di interazione, fino ad affrontare alcuni aspetti della produzione e dei consumi culturali. Strumenti utili a ricostruire le pratiche di un'identità che traeva forza da quel tessuto di vita popolare fatto di marginali e di popolo "basso". Per mettere poi il tutto alla prova nel confronto con le storie raccontate dal teatro: da Raffaele Viviani al magistero di Eduardo De Filippo, passando per quella folla anonima di autori, attori, cantanti che hanno costruito la storia e rafforzato l'identità della città. Alla fine del percorso, vedremo se qualcosa, di tutto questo, è giunto fino a noi e come sopravvive. E troveremo risposta alla domanda conclusiva: ma i napoletani recitano ancora?
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Socialismo come libertà. La storia lunga di Gaetano Salvemini
Nel 1947, quasi alla fine della sua vita, Gaetano Salvemini annotava così nel suo diario: "Ormai credo solo nel Critone e nel Discorso della Montagna. Questo è il mio socialismo e me lo tengo inespresso nel mio pensiero, perché ad esprimerlo mi pare di profanarlo". Diceva la verità, certo. Ma non tutta la verità. Salvemini rifiutò sempre di irrigidire il suo pensiero in sistemi ideologici compiuti e definitivi, tuttavia alcuni motivi della dottrina socialista non smisero mai di risuonarvi dentro. Il socialismo di Salvemini non fu cosa effimera, di breve durata, un'infatuazione giovanile, insomma. Contrariamente a un filone interpretativo di copiosissima vena, Gaetano Pecora contesta infatti la tesi secondo cui la storia della vita di Salvemini sarebbe divisa in due fasi: prima, il socialismo della giovinezza; poi, qualcosa di diverso, il liberismo per alcuni, la democrazia radicale per altri. E invece non di distacco netto, non di cesura si tratta, perché nel temperamento di Salvemini l'idea socialista lampeggia, se pur a tratti, fino all'ultimo. Talora confluendo con coerenza nei modi e nelle idee dell'età adulta, talaltra (e più spesso) contaminandosi con verità nate sotto cieli diversi e acquisite in momenti successivi. Da qui...
Crisi, rinascita, ricostruzione. Giuseppe Di Vittorio e il piano del lavoro (1949-50)
Tra la fine del 1949 e l'inizio del 1950, Giuseppe Di Vittorio, il grande leader della Cgil, lanciò la proposta di un Piano del lavoro "per la rinascita dell'economia nazionale". L'idea di fondo era quella di mobilitare tutte le energie produttive disponibili per far sì che la necessaria, quanto faticosa, ricostruzione postbellica si traducesse nell'avvio di una nuova fase di sviluppo. Una fase che consentisse al nostro paese di diventare più moderno, più giusto, più ricco. Con un impianto teorico che riecheggia per certi aspetti il New Deal rooseveltiano, tre erano le linee di intervento previste dal Piano: agricoltura, edilizia, energia elettrica. Il Piano, da un lato, offriva quindi una cornice di riferimento all'azione sindacale sviluppata allora dalla Cgil nelle fabbriche e nelle campagne, al Nord e al Sud, mentre, dall'altro, indicava alcune delle direttrici di politica economica che furono poi avviate dai governi italiani negli anni cinquanta e sessanta. Economisti e storici, imprenditori e sindacalisti tentano in questo volume di mettere a fuoco il significato storico del Piano del lavoro e soprattutto di coglierne quei tratti ancora in grado di ispirare politiche economiche di ricostruzione e di sviluppo volte a fronteggiare la...
La nuova occasione. Città e valorizzazione delle risorse locali
La globalizzazione destabilizza i territori perché mette in crisi attività che subiscono la concorrenza dei paesi emergenti, ma crea anche nuove opportunità legate alla valorizzazione dei beni locali: una nuova occasione. Il ruolo delle città nell'uso efficace delle risorse locali è decisivo per lo sviluppo del Mezzogiorno. Da questo punto di vista tre tipi di dotazioni appaiono di particolare rilievo: i beni culturali e ambientali; le conoscenze scientifiche accumulate nelle università; il saper fare diffuso legato a vocazioni dei territori, specie in agricoltura. Il presente studio mostra come nel Mezzogiorno la dotazione di risorse locali sia ampia e spesso non meno ricca di quella di altre regioni, sebbene la loro valorizzazione per lo sviluppo dei territori resti debole. La ricerca guarda sistematicamente dentro le città per gettare luce sui meccanismi complessi che influiscono sulle loro capacità di valorizzare le risorse locali. Differenze rilevanti si registrano, infatti, tra i vari centri urbani, nel Sud come nel Centro-nord. A fare la differenza, non è tanto l'ammontare delle risorse finanziarie disponibili, quanto la capacità delle città di funzionare come un soggetto collettivo in grado di promuovere un buon coordinamento tra pubblico e privato.
EUR 30.40
Fine della finanza. Da dove viene la crisi e come si può pensare di uscirne
Si dice, con leggerezza, che tutte le crisi prima o poi finiscono - salvo ammettere in seguito, con altrettanta leggerezza, che ve ne saranno sempre di nuove. Ma le crisi non sono affatto un inevitabile "effetto collaterale" della finanza. Piuttosto, sono la prova di un difetto costitutivo dell'attuale configurazione della finanza di mercato. È pensabile un'altra finanza? Per rispondere a questa domanda gli autori sottopongono la crisi finanziaria a una triplice interrogazione. Che cosa è entrato in crisi? Da dove viene la crisi? Come uscire dalla crisi?
EUR 17.58
Corsa alla terra. Cibo e agricoltura nell'era della nuova scarsità
L'instabilità dei mercati delle materie prime agricole e i picchi dei prezzi alimentari, la crescita demografica e la modificazione delle diete a livello globale, le conseguenze del cambiamento climatico: sono tutti elementi che compongono uno scenario di nuova scarsità. Il cibo costerà di più per tutti, con un impatto che sarà più forte sulle fasce più povere della popolazione mondiale. I "segni del tempo" sono ovunque, il più clamoroso è l'esponenziale incremento della domanda internazionale di terra: paesi dotati di grande liquidità ma di scarse estensioni di superfici coltivabili, multinazionali agricole, agglomerati finanziari di diversa natura hanno iniziato ad acquisire o affittare milioni di ettari. Con quali conseguenze per gli equilibri economici e politici internazionali? Con quali effetti sul benessere di aree come l'Italia e l'Europa, coinvolte in questo movimento dalla sempre maggiore integrazione del mercato delle materie prime agricole nella finanza globale? La corsa alla terra delinea i contorni di un futuro in cui l'agricoltura sarà sempre di più un settore strategico e il controllo dei suoli fertili sarà sempre più cruciale per lo sviluppo delle nazioni. Questo volume, realizzato in presa diretta sugli avvenimenti che stanno sconvolgendo l'equilibrio alimentare mondiale, con...
D.V.
Personalità carismatica, eccessiva e indiscutibilmente geniale, Diana Vreeland racconta in queste pagine, con straordinaria verve e bruciante ironia, la sua incredibile vicenda umana e professionale. Diana ha sempre reinventato se stessa, e lo fa anche nella sua autobiografia, arditamente in bilico tra realtà e finzione. Dalle sontuose dimore londinesi alla Parigi degli anni trenta, dal jet-set newyorchese alle ribalte più esclusive del mondo, si susseguono gustosi aneddoti e incredibili situazioni condivise con la sua eclettica cerchia di amici: da Coco Chanel a Jack Nicholson, da Andy Warhol a Josephine Baker. Dalla boutique di lingerie di cui era proprietaria, grazie al suo gusto innato per gli abiti e le stoffe, Diana si ritrova a pieno titolo nella redazione di "Harper's Bazaar". E sarà un esordio folgorante: la rubrica Why Don 't You?, da lei stessa ideata nel 1936, riscuote un successo immediato. Ai lettori Diana dispensa sapientemente consigli pratici insieme a idee del tutto strambe, in un mélange originalissimo di estro e ingegno. Nel 1962, Diana Vreeland passa saldamente al timone di "Vogue", dove riesce a dare libero spazio alla sua inesauribile creatività e a dettare lo stile di un'intera epoca. Lo farà fino...
Melisenda e altre storie da non credere
Spiritosa, arguta, provocatoria, sovversiva: troppi sono gli aggettivi necessari per descrivere la vivacità della scrittura e delle trame ingegnate da una delle più popolari autrici per ragazzi del Novecento inglese. "Edith Nesbit viveva in una casa piena di allegria, cultura, bambini, disordine e sregolatezza aperta a tutti, dove allevava, insieme ai suoi, i figli che il marito aveva avuto da altre donne": così la descrive Bianca Pitzorno nell'antologia "Cento libri per navigare nel mare della letteratura per ragazzi", dove ha inserito come imperdibile il romanzo di Edith Nesbit "Cinque bambini e la Cosa". Ma quante sue trovate narrative sono ancora tutte da scoprire? Di certo quelle profuse a piene mani nelle nove storie presentate qui per la prima volta ai lettori italiani. Mescolando e parodiando i generi più classici della letteratura (per ragazzi e non), dalla fiaba ai romanzi d'avventura, da Lewis Carroll ai Viaggi di Gulliver, da Perrault a Shakespeare, Nesbit si diverte a intrecciare magia e logica, aritmetica e fantasia, umorismo e poesia, senza mai perdere l'occasione di canzonare gli adulti e le loro rigidità o di stuzzicare i piccoli lettori sfidandoli a uscire dal guscio delle loro certezze e abitudini...
L' atelier. Courbet, l'Ottocento e il quadro del secolo
Quando Courbet presentò il suo quadro "L'atelier" all'Esposizione universale di Parigi del 1855, il pubblico non lo capì e le reazioni oscillarono tra disprezzo e ironia. Del resto, l'intento del pittore non era certo quello di compiacere il pubblico parigino, semmai di irritarlo. Le critiche oggi si sono spente ma "L'atelier" resta un quadro difficile e perfino enigmatico; il dipinto chiave del secolo, nella lettura di Werner Hofmann, interamente proiettato al superamento di quella realtà che pure rappresenta. Il quadro di Courbet si presenta, nell'analisi meticolosa di Hofmann, come un trittico nascosto, in cui nella dialettica tra natura e storia che domina la scena è proprio la natura in definitiva ad acquistare una preminenza assoluta. Si tratta di una natura umanizzata, quella rappresentata dalla relazione tra il paesaggio sul cavalletto del pittore, la donna seminuda che gli sta dietro e il bambino che osserva. È lo stesso Courbet a offrire, secondo Hofmann, una formidabile chiave di lettura per ogni interpretazione del proprio dipinto, definendolo un'"allegoria reale": nel bel mezzo del presente profano, si manifesta l'utopia di una società futura. La scena reale acquista così una dimensione allegorica. E qui che si rivela il...
Il tamburo del diavolo. Miti e culture del mondo dei pastori
Il "tamburo del diavolo" è, nella colorita immagine usata dai pastori del Cilento, il fragore del tuono, che porta la tempesta e oscura il sole. Questo libro, fin dal titolo, vuole essere dunque uno straordinario omaggio ai pastori, e insieme un rigoroso e ricchissimo studio antropologico del loro mondo. Frutto di una ricerca intrapresa da quarant'anni, esso evoca, per il suo respiro, il grande antecedente del lavoro sui contadini e il mondo magico di Ernesto De Martino. Nei pascoli solitari delle montagne non giungevano i rumori e i contrasti della città. Ma si può ancora immaginare, nella convulsione attuale dei centri urbani, com'era la vita di un pastore? A narrarla, in questo volume, sono gli stessi protagonisti, per lo più del Vallo di Diano, ma anche delle aree vicine, Cilento e Basilicata. I racconti, registrati a partire dagli anni settanta, sono espressione diretta della collettività pastorale. Non pochi, tra i testimoni interpellati, erano nati nell'Ottocento e conoscevano bene le tradizioni degli avi, al di là delle proprie esperienze di vita. Non si può entrare nel vissuto quotidiano del pastore senza tener conto dell'alone di mistero che lo circondava: ecco perché una parte importante...