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Il funesto demiurgo
«Agli inizi, nella promiscuità in cui si operò lo slittamento verso la vita, qualcosa di innominabile dovette accadere, che si propaga nei nostri malesseri se non nei nostri ragionamenti. Che l'esistenza sia stata viziata alla sorgente, insieme agli elementi, chi potrebbe esimersi dal supporlo? Colui che non sia stato indotto a considerare questa ipotesi, come minimo una volta al giorno, avrà vissuto da sonnambulo». Cioran, che è l'opposto del sonnambulo - e subisce, se mai, la coazione alla «lucidità cronica» -, ha contemplato la suddetta ipotesi per lunghi anni. E così ha evocato, quasi un personaggio di romanzo, quel «funesto demiurgo» a cui accenna il titolo di questo libro e che ritroviamo, quale fedele compagno, non solo nei testi gnostici ma in ogni pensiero che non distoglie lo sguardo dal male. Se la colpa e «l'infermità di essere» hanno sulla nostra esistenza una presa così tenace, è perché avvertiamo che esse appartengono al mondo nella sua costituzione e non sono certo qualcosa che nasce e muore per un supposto arbitrio dell'uomo. Dire questo implica gettarsi in una lunga e fosca avventura. E qui ne percorriamo alcuni tratti, in acri variazioni sulle quali sembrano...
Poesie (1972-1985)
Il giorno 4 di giugno del 1972 abbandonava la Russia, con una piccola edizione delle poesie di John Donne in tasca e quasi nient'altro, il poeta Iosif Brodskij. La prima persona che Brodskij cercò in Occidente fu W.H. Auden. Su un prato del villaggio austriaco di Kirchstetten, il delfino dell'Achmatova e l'anziano poeta inglese, troppo chiaro per essere capito dai suoi contemporanei, si intesero in una communicatio idiomatum che non si sarebbe più interrotta, come testimonia la mirabile orazione funebre pronunciata da Brodskij nel decennale della morte del poeta: scritta in inglese, «per compiacere un'ombra». Da quel giorno Iosif Brodskij è diventato anche Joseph Brodsky, residente a New York ma di ascendenza tutta pietroburghese, se non vi è luogo come Pietroburgo «dove i pensieri si distacchino altrettanto volentieri dalla realtà». Così, «è con l'emersione di San Pietroburgo che la letteratura russa è entrata nell'esistenza». Molti dei tratti stilistici peculiari di Brodskij sembrano derivati, per osmosi, dalla città: la disciplina dei colonnati illusionistici, la luce pallida e diffusa, «dove occhio e memoria operano con inusuale acuità», l'onnipresenza dell'acqua, questa «forma addensata del Tempo», il soffio di vento saturo di alghe. In questo microclima alessandrino,...
La casa ispirata
«Casa ispirata» vuol dire qui casa abitata da spiriti, da presenze invisibili e sinistre. Il luogo è situato a Parigi, in Rue Saint-Jacques, e il narratore vi arriva come pensionante, controfigura del giovane Savinio che scopre Parigi negli anni subito precedenti la prima guerra mondiale. Ed è tipico del genio di Savinio per il grottesco che la cosmopoli gli si sveli attraverso le molteplici nefandezze che sfilano davanti al protagonista fra le mura oppressive della «casa ispirata», mentre dietro di esse «un lavoro demoniaco cingeva con la sua rete sonora la vita dell'annosa abitazione». Qui si direbbe che abbia sede un culto esoterico del faisandé: i soprammobili, le maniere, le espressioni, i simboli, le divise che si sono affastellati nell'Ottocento piccoloborghese, ormai frollo e vicino a decomporsi, vengono golosamente apprezzati e carezzati dai padroni di casa. Il giovane pensionante li osserva con un certo sgomento e intanto registra, come un clinico, le apparizioni di una serie di personaggi aleggianti. Sono ogni volta ritratti che oscillano fra il macabro e una strepitosa comicità. Orrore e fascinazione non si disgiungono mai: tutto il romanzo è un'iniziazione al Grande Orrido parigino, pimentata da un riso liberatore....
Lo scherzo
Lo studente Ludvík scrive, per scherzo, una cartolina con tre righe beffarde sull'ottimismo socialista e la spedisce a una sua compagna, una bella ragazza che prende tutto sul serio. Ma questo prendere tutto sul serio è anche «il genio stesso dell'epoca». Cento mani si alzano per condannare quella cartolina. Siamo a Praga, subito dopo il 1948. Ludvík perde ogni diritto, la sua vita è sfigurata per sempre da quel piccolo scherzo. Da qui il titolo di questo romanzo, la cui origine Kundera ha così raccontato: «Un giorno, nel 1961, sono andato a vedere degli amici nella regione mineraria dove un tempo ho vissuto. Mi hanno raccontato la storia di una giovane operaia arrestata e imprigionata perché rubava, per il suo amante, fiori nei cimiteri. La sua immagine non mi abbandonava, e davanti ai miei occhi si disegnava il destino di una giovane donna per la quale l'amore e la carne erano mondi separati, e la sessualità era all'opposto dell'amore. Un'altra immagine contrappuntava quella della ladra di fiori: un lungo atto amoroso che non era in realtà altro che un superbo atto di odio. Così è nata l'idea del mio primo romanzo, che ho...
Sull'amore
Ismenodora, giovane vedova irreprensibile, molto ricca e di grande bellezza, si innamora del ragazzo Baccone e si propone di sposarlo. Con audacia, addirittura lo fa rapire. Ma Baccone è desiderato anche da altri giovani, che si indignano contro Ismenodora. Chi avrà ragione? Chi difende la normalità dell'amore omosessuale? O chi difende la stranezza di un matrimonio con ratto dello sposo? Tale è la situazione, deliziosamente ambigua, da cui si diparte questo dialogo di Plutarco, lettura consigliabile per chiunque voglia capire che cosa fosse, in concreto e nelle avventure quotidiane, l'amore in Grecia. Esso si fondava su un'antica disputa, che opponeva l'amore dei maschi per le donne e l'amore dei maschi per i ragazzi: partiti potentissimi, pieni di eloquenza e passione. Qui, come in una sorta di tarda ripresa del Simposio platonico, Plutarco riesce, con sovrana saggezza e coprendo la scena con una fioritura di storie e di aneddoti, a ricondurre le due opposte forme dell'amore sotto le ali di Eros, senza che alcuna abbia la vittoria, mentre entrambe finiscono per inchinarsi al potere soverchiante del dio.
EUR 10.20
Imperatore della Cina. Autoritratto di K'ang Hsi
Kang-hsi fu Imperatore della Cina fra il 1661 e il 1722. Per larga parte, il suo regno corse parallelo a quello di Luigi XIV. Ma il regno di Francia era giovane in paragone allImpero cinese: Kang-hsi era entrato a far parte di una successione di Imperatori documentata da diciotto secoli, e di una storia i cui annali risalivano a quattro millenni prima. «Quasi tutti i dettagli della sua vita mettevano in rilievo la sua unicità e la sua superiorità sui comuni mortali: egli solo si volgeva a sud, mentre i suoi ministri si volgevano a nord; egli solo scriveva in rosso, mentre loro scrivevano in nero ... e perfino la parola che egli usava per dire io, chen, non poteva essere usata da nessun altro». Eppure, la sublime grandezza del Figlio del Cielo fu minacciata, durante il suo lungo regno, da tutte le insidie della vita. E dovette affrontare anche mirabili sorprese: come il contatto con i Gesuiti, che portavano notizie e prodigi da un mondo del tutto sconosciuto, il nostro. Curioso e avido di conoscenze, Kang-hsi soppesò quelle novità, in parte le accettò, in parte le rifiutò. La sorte lo aveva posto...
Tre sentieri per il lago e altri racconti
"I racconti di Tre sentieri per il lago... sono una delle grandi raccolte narrative del nostro secolo. Senza saperlo e volerlo, la Bachmann si allontanò un poco da se stessa: cancellò o sfumò l'ossessione in cui aveva vissuto; e l'ultimo racconto, che dà il titolo alla raccolta italiana, è in qualche modo una riconciliazione con la figura paterna e con l'Austria materna, sebbene l'incontro e l'addio siano così dolorosi" (Pietro Citati).
EUR 13.60
Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno
Opera filosofica e poetica composta tra il 1883 e il 1885. In quest'opera le idee del "superuomo" e dell'"eterno ritorno" raggiungono una forma compiuta. Dopo dieci anni di solitudine Zarathustra sente il bisogno di donare agli uomini la sua sapienza, ma il popolo distratto ride delle sue parole. Dovrà così cercarsi dei discepoli cui indirizzare i suoi discorsi. Tema dei discorsi è la ribellione alla cultura e alla morale dominanti e la visione della vita come forza indomabile e della volontà come strumento di affermazione. Agli elementi polemici sono inframmezzati brani poetici (canti e canzoni) di grande bellezza. Molteplici le fonti stilistiche, la Bibbia, le poesie di Goethe, la prosa di Lutero, gli aforismi dei moralisti francesi.
EUR 13.60
L' iguana
«A tutti i lettori che desiderano qualcosa di inaudito, che li porti di colpo oltre i confini della realtà; a tutti i lettori appassionati, annoiati, sazi, entusiasti, drammatici, frivoli, passeggeri, costanti - consiglio questo bellissimo libro, uno dei pochi destinati a onorare la letteratura italiana del dopoguerra. È stato pubblicato venti anni fa; ma sembra che nessuno l'abbia mai comprato, nessuno l'abbia mai letto. È come la principessa della fiaba, la cui bellezza si nasconde dietro gli stracci e la cenere. Soltanto alcuni happy few hanno alzato il velo grigio, hanno scosso con la mano la cenere, e sostengono che è un capolavoro» - Pietro Citati. Quando il giovane milanese Aleardo, di famiglia ricca, nobile e illuminata, decide di approdare con il suo yacht nella sperduta isola di Ocaña, al largo del Portogallo, non sa quale inusitata avventura, e quale incontro fatale, lo attendano. Fino a quel momento, egli è «il compratore di isole», sempre incerto su quale comprare, perché Aleardo è sì facoltoso, ma anche rispettoso della generale dignità del creato e non vorrebbe turbarlo con indiscrete iniziative. Come giocando, un suo amico editore lo aveva sfidato a fornirgli un manoscritto capace...
Il matrimonio moderno
Giunta a un punto critico della sua vita, tra l'infelicità del suo matrimonio e la passione per Denys Finch Hatton che la chiudeva in un cerchio magico, Karen Blixen si lanciò in questa divagazione sul «matrimonio moderno» (1924), dedicata al fratello Thomas. Il tema viene preso da lontano, come da un giovane falco che si avvicini alla preda con ampie volute. E a tratti leggiamo queste pagine come un brillante componimento di una fanciulla piena d'ingegno. Ma, prima per brevi avvertimenti, poi con irruenza, l'animus che spingeva allora la Blixen finisce per svelarsi: ed è un animus di violenza e sarcasmo. Raramente il «matrimonio moderno», quello che non può più appellarsi all'imperativo di una stirpe e ormai copre come una «foglia di fico» i rapporti amorosi, tentando di soffocarli fra l'ipocrisia e il «cannibalismo spirituale», raramente questa intuizione è stata attaccata con pari sprezzo, e con una penetrazione così crudele nei suoi tristi segreti. Sepolto per decenni fra le carte del fratello, questo pamphlet venne pubblicato per la prima volta nel 1977. Oggi lo leggiamo non soltanto ammirati per la sua verve devastatrice, ma anche curiosi per quanto indirettamente ci rivela sui sentimenti...
Gli asiatici
Un americano ventiduenne bello, si desume, e di buona fibra sbarca a Beirut e si mette in viaggio. Verso dove? Verso lAsia. «Mi bastava sentire questo nome Asia perché il cuore mi battesse più in fretta». La meta è talmente vasta e indeterminata che il viaggiatore può ondeggiare, secondo i capricci del vento e delle occasioni, senza perdere mai la strada. In realtà, la sua strada è ovunque gli arrivi «il rumore vellutato degli zoccoli dei cammelli». Tutto ciò che la strada può offrire va bene, purché porti più in là. Ogni volta, laria si impregna di umori diversi, poi spazzati via da una folata improvvisa. Rimane il cielo sgombro. E lavventura ricomincia: amori frettolosi fra cocci e molle rotte, su un tappeto di rampicanti; una borsa con tanti barattoli di oppio, gettata vicino a una boa dipinta di viola; la latrina di una prigione turca; una ragazza dai grigi occhi fanatici, con una brocca di ottone accanto a un pozzo; vecchi dallo sguardo inquieto ed esausto, in guerra con la vita; racconti sotto una tenda; paludi salate scintillanti come neve; una principessa persiana, silenziosa bambola di porcellana con la punta delle dita...
Corpo spirituale e Terra celeste. Dall'Iran mazdeo all'Iran sciita
Quando apparve nella sua prima versione (1960), questo libro suonava come un tentativo sconcertante di collegare e articolare categorie del remoto Iran mazdeo, cifrate e ostiche, con altre dello sciismo, di cui ben poco si sapeva. Oggi si può dire di Corpo spirituale e Terra celeste che è stato un vero punto di partenza, ma non già soltanto per l'audacia della prospettiva storica. Essenziale è qui l'elaborarsi di una concezione dell'immaginazione a cui poi molti hanno attinto, per la sua grandiosità e perspicuità. Qui si traccia per la prima volta una «carta dell'Immaginale». Per intendere la novità dell'impresa, basti pensare che la parola stessa «immaginale» è stata introdotta da Corbin. E di una parola nuova c'era davvero bisogno da quando, in Occidente, «tra le percezioni sensibili e le intuizioni o le categorie dell'intelletto il luogo era rimasto vuoto». Si trattava appunto del luogo della Imaginatio vera dell'alchimia, della immaginazione attiva, di quell'«intermondo tra il sensibile e l'intelligibile» la cui «scomparsa porta con sé una catastrofe dello Spirito». Quel luogo della conoscenza, e di una conoscenza a noi preclusa, è l'«ottavo clima» dove appaiono le città mistiche di Jābalqā, Jābarsā e Hūrqalyā. Nessuna civiltà...
La nascita del giorno
Con gli anni, Colette si accorgeva di somigliare sempre più alla madre: Sido. Nel luglio del 1927, prima di partire per la sua casa nel Sud della Francia, formulò un progetto: «rileggere tutte le lettere di mamma, ed estrarne qualche gemma». Così nacque questo libro dal percorso sinuoso, insieme romanzo, memoria e divagazione, che fin dal suo primo apparire (1928) fu considerato un frutto aureo. Qui la «vagabonda» si fa più riflessiva, subisce un tempo di muda, nasce di nuovo come accade ogni giorno allasciutto cielo meridionale. «Una donna vanta tanti paesi natii quanti sono stati i suoi amori felici, e nasce sotto tutti i cieli dove guarisce dal mal damore». Era quello il momento in cui, sapendo di mentire, Colette poteva scrivere: «Una delle grandi banalità dellesistenza, lamore, scompare dalla mia». E subito aggiungeva: «Giuro che non desidero più nulla, tranne ciò che è inaccessibile». Pronta a contraddirsi un attimo dopo, mentre avvia il racconto di unaltra storia amorosa. Ma questa volta è la storia di un amore accortamente evitato, con una sapienza attinta da quelle cose «che simparano nella scuola migliore, dove insegnano anche la grande eleganza delle convenienze, lo chic...
Enten-eller. Vol. 5: L'equilibrio fra l'estetico e l'etico nell'elaborazione della personalità.
Con questo volume si completa la nostra edizione di Enten-Eller, a cura di Alessandro Cortese, la prima integrale che sia apparsa in Italia. In questa parte, che contiene L'equilibrio fra l'estetico e l'etico nell'elaborazione della personalità, si vedranno tutti i temi dell'opera, e innanzitutto quello del contrasto fra estetico ed etico, riorchestrati e rielaborati in una nuova prospettiva, secondo il tipico procedimento kierkegaardiano della rotazione romanzesca e prismatica. Ma questa inesausta diatriba non è destinata a chiudersi in se stessa: di là da essa si apre uno squarcio sul religioso, accennato nel finale Ultimatum, e nella argomentazione sui generis dell'«edificante che giace nel pensiero che di fronte a Dio abbiamo sempre torto».
EUR 20.40
La società della mente
Per anni, l'Intelligenza Artificiale, a cui oggi si dedicano milioni di dollari per la ricerca e l'energia intellettuale di migliaia di scienziati, è stata una sorta di chimera nella mente di un uomo: Marvin Minsky. A lui in primo luogo si deve, infatti, se questa disciplina ha assunto una fisionomia, si è distaccata dal resto della ricerca, e infine, se ha attratto così tanti cervelli. Ma tutto questo si manifestava, per anni, attraverso brevi e densissimi articoli. Mentre, per altrettanti anni, correva voce che Minsky «stava preparando un libro», il quale naturalmente sarebbe stato il libro. E un giorno il libro si manifestò: è La società della mente. Qui Minsky, con gesto che è tipico dei grandi scienziati della mente, non vuole accettare nulla per inteso. Occorre partire veramente da zero, se si vuole tentare una risposta alla temibile domanda che egli pone fin dalle prime righe: «Come è possibile che il cervello, in apparenza così solido, sia il supporto di cose tanto impalpabili come i pensieri?». Inutile dire che, se l'inizio del libro è semplicissimo, alla fine ci troveremo avvolti da una rete di pensieri altamente complessa, in obbedienza al sapiente precetto...
Il corsivo è mio
«Che ne facciamo della visione tragica della vita in cui siamo stati educati? Del tragico periodo della nostra storia? Del destino della mia patria, della mia generazione e infine del mio destino personale? Mi sembra che una risposta ci sia: la tragedia mi fu data come terreno, come base di vita: noi, nati tra il 1900 e il 1910, siamo cresciuti nella tragedia che a suo tempo è entrata in noi; per così dire l'abbiamo bevuta, ce ne siamo nutriti e l'abbiamo assimilata, ma ora che la tragedia è finita ed è iniziato l'epos, io ho il diritto, dopo aver vissuto una vita, di non prendermi troppo sul serio». Prima di giungere a «non prendersi troppo sul serio», la Berberova ha tracciato la storia della sua vita in questo libro, che apparve nel 1969 e col tempo sempre più si impone per l'intensità e la ricchezza della testimonianza. La Russia di prima, durante e dopo la rivoluzione, il mondo degli esiliati russi fra le due guerre, fra Berlino, Praga, Parigi, infine l'America, dove la Berberova è a lungo vissuta, ne sono la scena mutevole. E continuamente la vediamo attraversata da figure vivissime e...
La ribellione
Fra tutti i romanzi di Joseph Roth, La ribellione (1924) è forse il più aspro e sconsolato. Siamo qui immersi nell'atmosfera torbida degli anni di Weimar. Andreas Pum, il protagonista, è un mutilato di guerra che ancora crede nell'ordine del mondo e degli uomini e sogna di gestire una rivendita di francobolli. Ma la sorte, dietro cui si maschera l'oppressione senza scampo esercitata dalla società, lo trasforma a poco a poco in un capro espiatorio, in un Giobbe inerme, costretto a riconoscere l'onnipresenza del male. È questo un estremo delle oscillazioni di Roth, al cui altro capo troveremo, alla fine, l'aura di grazia sovrana che investe La leggenda del santo bevitore. Ma i due estremi sono compresenti in tutta la sua opera, e ciascuno dà la forza all'altro.
EUR 11.90
Contributo alla critica di me stesso
Giunto alla piena maturità della sua vita, quando già aveva scritto alcune delle sue opere maggiori, come l'Estetica e Teoria e storia della storiografia, Croce si pose un interrogativo che Goethe aveva così formulato: «Perché ciò che lo storico ha fatto agli altri, non dovrebbe fare a se stesso?». Nella sua pacatezza, un interrogativo insolente: poiché presuppone, di fronte ai dati della propria esistenza, la stessa capacità di mettere a fuoco, la stessa distanza strategica dell'occhio che lo storico si conquista di fronte alle testimonianze di un'età remota. Con quella «calma» che fu l'acquisizione della maturità di Croce, ma celava in sé un costante e prezioso nutrimento di «angoscia», Croce affrontò la sfida implicita nell'interrogativo di Goethe e la vinse, stilando in pochi giorni, nell'aprile del 1915, questo Contributo alla critica di me stesso: una «autobiografia mentale» (così definita dall'autore) dove «un pathos rattenuto, una commozione non spenta ma vinta e superata» (Contini) danno alle pagine un timbro inconfondibile di verità.
EUR 10.20
Tra don Rodrigo e don Giovanni. Scenari secenteschi
Scena di questo libro è un«età fosca»: il Seicento. Epoca di guerre e turbinosi conflitti, grande secolo dellombra e della dissimulazione, che suscitò nella letteratura e nel pensiero figure di cui non sappiamo fare a meno. Quel «teatro del mondo», dove si alternano le empie avventure di Don Giovanni e le taglienti riflessioni di Gracián, dove un infido Mazzarino mette in pratica i suoi «dogmi politici» e Retz ricorda le sue trame fallite, è ancora il nostro teatro, con un sovrappiù di tensione e di tenebra. Al Seicento ci volgiamo quando abbiamo bisogno di aggiungere, alla scena dentro di noi, «una pennellata di buio». Il Seicento, così, non è soltanto una certa epoca e i suoi testi, ma anche levocazione di quellepoca nella mente di certi posteri affini, che possono essere Stendhal o Casanova o Manzoni. Questo gioco delle riverberazioni fra i secoli non poteva incontrare orecchio più percettivo di quello di Giovanni Macchia. E, al centro di questa camera di echi, troveremo la figura del Manzoni, che in quellepoca passata non solo trovò la stoffa dei Promessi Sposi, ma lartificio formale più possente e innovatore del suo romanzo: la digressione.
EUR 10.20
Vedi Offerta Agli dei ulteriori
«Che io sia Re, mi pare sia cosa da non dubitare. V'è in me un modo regale di pensare, di opinare, di fantasticare, che non finisce di stupirmi e di allietarmi. Non riesco a pensare a cose umili e povere; ogni cosa deve avere un nome, collocarsi in una gerarchia, incedere o strisciare, ma in modo emblematico. Penso alle aquile; specie al primo dilùcolo, nel silenzio tra notte e giorno, nel freddo che anneghittisce, in mezzo al distratto sgomento dei fiori, penso ad enormi aquile, ali metalliche e sapiente malvagità di occhi...». Con questo perentorio attacco il nuovo libro di Manganelli s'apre e prende slancio per un crescendo di variazioni sul tema d'una lucida esaltazione megalomane. Un bestiario araldico, cifrario d'una cupa euforia, è evocato dalla solitudine dell'insonne che si rigira tra le lenzuola come su una pagina bianca. Il teatro di cui Manganelli ancora una volta apre il sipario per il suo spettacolo verbale è lo spazio della mente: lo popolano fantasmi che convergono tutti sull'allegoria sovrana, la morte, il più carnevalesco e il più sontuoso oggetto della nostra scenografia interiore. Ma al posto della violenza «discenditiva» e autodistruttiva dell'Hilarotragoedia, al posto...